Giornalismo tra imparzialità e libera espressione, la parola ai direttori

Giornalismo tra imparzialità e libera espressione, la parola ai direttori

Cosa è il giornalismo oggi? Imparzialità? Piu’ o meno di ieri? Libertà di espressione? Presupposto fondante della democrazia? Con la brillante moderazione di Daniele Bellasio del Sole 24 Ore se ne è parlato ieri durante il LeccoFilmFest, alla sua quinta edizione, in un interessante dibattito tra i direttori Luciano Fontana del Corriere della sera, Agnese Pini di QN e Gianni Riotta anch’egli direttore ma della Scuola di Giornalismo della Luiss. Complice la versione del film “Sbatti il mostro in prima pagina” nelle sale in questi giorni nella sua versione “rinnovata”.

“Certo i giornalisti non possono essere totalmente imparziali – ha spiegato Fontana –  ma l’interpretazione di cio’ che accade deve arrivare fino a un certo punto.  I fatti devono essere raccontati con un’aderenza alla realtà, cercando di essere vicini a ciò che è davvero successo. Non amo i giornali che rispecchiano sé stessi, le proprie convinzioni, i pregiudizi.  Il nostro compito è aprire gli orizzonti, non chiudere i lettori in una bolla. I lettori sono anche il cuore della nostra sostenibilità economica, e questo passa attraverso un buon servizio alla comunità, attraverso il nostro lavoro che se fatto bene, puo’ ancora fare la differenza. Del resto le decisioni si prendono in base a quanto si è informati”.

 “Nemmeno Chat GPT può essere imparziale, perché siamo noi a fornirle il punto di partenza – ha poi aggiunto Agnese Pini, direttrice di QN – Il Resto del Carlino – La Nazione – Il Giorno –  L’opinione è pero’ un genere nobilissimo. Ma per esprimerla bisogna essere molto informati. Il rischio è confondere opinione con opinionismo.   Per fare opinione servono molti soldi, per fare i giornali servono soldi. L’opinionismo invece è gratis. Dobbiamo fare attenzione. Ed essere capaci di discernere, distinguere. Capire cosa è informazione e cosa non lo è.  Per esempio guardare i talk in tv non significa essere informati, ma ascoltare le idee degli altri. Oggi noi giornalisti siamo piu’  deboli, rispetto un tempo, perché è diminuito il potere contrattuale. Eravamo più forti davanti alle pressioni che si ricevevano da chi ci guida. Pensiamo a Montanelli: a 85 anni si è dimesso dal suo giornale, perché il suo editore era sceso in politica. E un anno dopo ha fondato un’altra testata. Le ingerenze si fanno sentire, e fare bene il nostro mestiere significa anche lottare per contrastarle”.

Conclude Gianni Riotta, giornalista e direttore della Scuola di giornalismo della LUISS: “Giornalisti straordinari non hanno mai creduto all’obiettività, ma in qualcosa di molto partigiano. C’è stata questa tradizione, legata al passato. La crisi del giornalismo professionale non è tecnologica. Negli Stati Uniti è iniziata nel ’72, in Europa nel 1985. Le società si sono fratte, è diventato sempre più difficile rappresentarle. Questo pone un problema importante per la democrazia. Dirigo lo sforzo europeo contro la disinformazione in Italia, che ormai è ovunque. Ha raggiunto i media mainstream. È un pericolo, rappresentato anche dal tentativo di blindare l’informazione nel nostro paese”.