Come le tecnologie “immersive” hanno cambiato il concetto di storytelling
Robert Hernandez, professore associato presso la Annenberg School for Communications and Journalism della University of Southern California, ha parlato, in occasione dell’incontro annuale del PRBI nel 2019, di quelle che lui chiama “tecnologie immersive” e del suo progetto “JovrnalismTM” (giornalismo + virtuale).
Queste innovazioni tecnologiche stanno dando un forte impulso alla narrazione e stanno dando ai primi utilizzatori di queste tecnologie un vantaggio distintivo. Le ultime novità che stanno prendendo piede rapidamente sono la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR): l’AR ti mantiene in questa realtà, ma è migliorata. “È una visione diretta o indiretta della realtà dal vivo, con elementi che vengono aumentati o completati utilizzando input sensoriali generati dal computer, come il suono, il video, la grafica o i dati GPS”, dice Hernandez; un esempio di AR sono i filtri di Snapchat o Instagram, come le orecchie da coniglio.
“La VR, invece, ti porta completamente fuori da questa realtà”, continua il professore californiano. “Ti mette in un ambiente simulato al computer che imita la presenza fisica nel mondo reale o in mondi immaginari: ricrea esperienze sensoriali, tra cui il gusto, la vista, l’olfatto, il suono e il tatto”.
Proprio grazie alla realtà virtuale, il mondo del giornalismo e dello storytelling sta subendo una rivoluzione. Hernandez, infatti, osserva che la VR può portarti in un mondo che altrimenti non vivresti. Per esempio, in un gioco VR, i giocatori indossano un visore che li fa sentire fisicamente in un altro luogo. Ma la tecnologia immersiva non è solo per i giochi; può anche ritrarre il mondo reale.
Hernandez ha fornito i seguenti esempi di utilizzo della tecnologia immersiva nel giornalismo per la narrazione.
Il progetto di svolta: il banco alimentare virtuale
Nonny de la Peña, fondatore di Emblematic Group, è stato uno dei primi a utilizzare il VR nel giornalismo. Ci sono voluti anni per convincere la gente della legittimità di questa tecnologia per la narrazione. Molti giornalisti accolsero con scetticismo l’idea di de la Peña: alcuni liquidarono sommariamente il suo lavoro, mentre altri le dissero che non era giusto usare la tecnologia per manipolare le emozioni della gente. (Hernandez sottolinea: “La narrazione che manipola le emozioni non è una novità. Con una buona foto, un buon titolo e una pista incredibile si possono manipolare anche le emozioni”).
Nel 2009 comunque, de la Peña creò il progetto rivoluzionario di giornalismo VR. Durante la recessione, molte persone dipendevano fortemente dai banchi alimentari. Decise quindi di sfruttare la realtà virtuale per mostrare alla gente cosa significasse essere in un banco alimentare: registrò audio e video, che includevano anche una scena in cui un uomo in fila sveniva per via di un coma diabetico dovuto a mancanza di cibo. Le persone che indossavano un visore personalizzato sentivano di essere proprio lì ed erano talmente immersi nello scenario da camminare intorno al corpo dell’uomo, anche se sapevano che non era reale.
Attacco con un razzo in Siria
De la Peña si è imbattuto nel filmato di un attacco missilistico in Siria e lo ha trasformato in realtà virtuale. Hernandez commenta così l’esperimento: “Ti sentivi davvero di essere lì all’attacco. Quando la polvere si è posata, sembrava di essere in un campo profughi e le sagome dei bambini hanno cominciato ad apparire”. Questo uso della narrazione della VR ha fatto sì che la gente capisse davvero il caos della guerra in Siria.
“Clouds Over Sidra”, realtà virtuale per le Nazioni Unite
A proposito della guerra in Siria, l’ONU ha prodotto una simulazione di VR per fornire una visione molto intima di ciò che significa per i bambini vivere nei campi profughi. Il VR può essere sperimentato usando solo un cellulare e l’ultima versione di YouTube: semplicemente sfogliando e ruotando l’immagine sullo schermo, si ha una visione a 360 gradi del campo profughi. Chiamato “Clouds Over Sidra” in onore di Sidra, la ragazza siriana di 12 anni protagonista della simulazione, la quale accompagna lo spettatore attraverso la sua giornata con vere scene riprodotte in VR di lei a scuola, mentre gioca all’aperto e a casa con la sua famiglia.
È facile capire perché la realtà virtuale è stata descritta come una macchina dell’empatia: “Le organizzazioni no-profit hanno investito molto su questa tecnologia perché sensibilizza fortemente chi ne usufruisce e porta a più donazioni”, dice Hernandez.
Anche molti marchi utilizzano la realtà virtuale per i loro business: “Fornisce un maggiore coinvolgimento dei consumatori, visite più lunghe al sito web e una migliore consapevolezza del prodotto – funziona”, afferma Hernandez.
“C’è, però, un lato oscuro della tecnologia” avverte Hernandez. Infatti, la realtà virtuale ha anche degli scopi negativi: per esempio può anche essere utilizzata per creare notizie false o distorcere la realtà invece che rappresentarla fedelmente. E’ una tecnologia molto potente, che va controllata e studiata a fondo prima di poterne usufruire.